lunedì 2 giugno 2008

Lecce, grazie lo stesso

Fine dei giochi duri della regular-season. Il Bologna regola il Pisa e resta secondo. Il Lecce incrocia e sconfigge il Vicenza, ma continua a navigare appena più sotto, aggrappandosi a quel terzo gradino che è posizione privilegiata in proiezione playoff. Non attendevamo sconvolgimenti particolari, dall’ultima tappa di B. E, intimamente, non ci speravano neppure Papadopulo e la sua gente. L’ultimo assalto alla promozione diretta affonda nell’amarezza, che forse è un’amarezza in parte già metabolizzata. Ma che, sul fondo, resiste tenace: con il tratto somatico del Bari e il ghigno del recente ed infelice derby. Di fatto, decisivo. E, allora, ecco gli spareggi d’estate. Quelli che nessuno può guidare o prevedere, ma solo affronatre, rispettare e temere. E, nei limiti del possibile, gestire. Gli spareggi a cui il Lecce arriva con la consapevolezza di essere, ma anche di poter pretendere da se stesso. In virtù di una mentalità tignosa e di un organico ricco e importante. Spareggi, peraltro, da cui diffidare: perché l’appendice è un torneo differente. Al di là delle frasi di circostanza. Un torneo attraverso il quale la squadra dovrà passare senza il minimo sospetto di aver deluso i desideri della tifoseria e della città. Che possono (anzi, devono) tributare a tecnico e giocatori esclusivamente sorrisi e gratititudine. Per quel che è stato costruito, per come è stato edificato. Per quello che il Lecce ha sin qui rappresentato: un intreccio di orgoglio e convinzione. Al di là delle imperfezioni di percorso: che ci stanno, in più di nove mesi di calcio. Il Lecce, sì, va solo ringraziato. Sarà un concetto banale: ma è quello più logico da spendere. E quello più vero.