mercoledì 11 giugno 2008

Un anno vissuto pericolosamente

Il presidente Blasi, dicevamo, è abbattuto e svuotato. E, a Taranto, comincia a circolare la preoccupazione di ritrovarsi nelle acque limacciose di sempre. Dove il progetto s’inarca e sfugge e l’urgenza di rialzarsi e riavviarsi sfiorisce nei malumori, nelle ripicche, nelle polemiche e nelle incomprensioni. La città e il calcio cittadino, da sempre, subiscono il peso del passato, vivono disperatamente il presente e non coltivano il futuro: abbiamo le prove e allarmarsi è lecito. In realtà, nulla è scritto e il presidente poco o niente ha detto, a B appena sfumata. Qualcosa, però, ha lasciato intendere. E certe sfumatore verbali, in riva a Mar Piccolo, possiedono un valore. Che, ovviamente, andrà verificato: con qualche timore. Nel frattempo, il Taranto arresosi ai playoff comincia a decomporsi: radiomercato informa che Marco Cari lascia la panca dello Iacovone per tentare la promozione ad Arezzo. Siglando l’interruzione di un rapporto, quello con il club di via Umbria, oggettivamente solido: dettaglio non trascurabile, considerati certi disguidi di comunicazione non troppo lontani nel tempo che avevano strattonato con forza il legame tra diverse aree tecniche e il vertice societario. Il coach di Ciampino, ad Ancona, detta le ultime frasi da nocchiero di una squadra afflitta, ma orgogliosa del suo cammino: riabbracciando ostinatamente la storia triste del match interno con la Massese (quei tre punti persi bruciano ancora, ma non abbiamo la controprova del loro effettivo riflesso sul verdetto finale) e argomentando di un campionato vissuto pericolosamente sull’orlo degli sfratti, delle porte chiuse, delle limitazioni al flusso tifoso, delle incomprensioni e dei problemi diffusi. Ingredienti inoppugnabili, di cui va dato onestamente atto. Che – e forse Cari non lo sospetta neppure – gli verranno probabilmente utili in seguito, ma altrove. Dove il trainer di Ciampino potrà esibire una corazza efficace (quella dell’esperienza sullo Jonio) e combattere pericoli e nemici con l’energia di anticorpi potentissimi. Un anno a Taranto - se Cari non lo ha capito (ma noi crediamo di sì) se ne accorgerà, prima o poi – vale quanto quattro o cinque campionati recitati ad altre latitudini. E, da questo spicchio di Puglia, l’uomo e l'allenatore potranno ritenersi convinti di aver imparato abbastanza. Questo glielo garantiamo.