giovedì 5 giugno 2008

Taranto, fiducia nella precarietà

Nella logica delle previsioni, la rinuncia forzata a Cutolo avrebbe potuto inficiare. Anche e soprattutto sotto il profilo della strategie applicate al campo. E così è stato. E anche la squalifica di Cejas non tranquillizava. Il pari del Taranto in finale playoff (gara uno) si trascina a queste motivazioni ineluttabili, ma si spiega pure con la lucida organizzazione e l’astuta opera di contenimento attivo dell’Ancona, tatticamente esperto e tecnicamente integro. E poi con la prestazione stessa degli uomini di Cari: generosi e decisi in apertura di match e sul finire della gara. Ma ovviamente incapaci di mantenere ritmo e forcing per tutti i novantasette minuti (recupero compreso) di gioco. Il Taranto, diciamo così, ha preparato la sua gara. E l’ha condotta, sino a quando è stato possibile o sostenibile. L’avverasrio, però, c’è stato e si è fatto anche sentire. Nessun l’assedio jonico, però. Oltre tutto, il terminale offensivo (Plasmati) ha spesso sofferto problemi di equilibrio e coordinazione. Alla fine, è chiaro, il Taranto ha sbattuto addosso ad una partita differente da quella ipotizzata. O, più semplicemente, sognata. Ottenendo un risultato che, inutile nascondersi, decurta le ambizioni. Perché, al di là delle larga e colorita fiducia manifestata dal presidente Blasi, dalla squadra e dell’ambiente tutto, la serie B sembra essersi discretamente allontanata. Domenica prossima, tuttavia, nel retour match di Ancona, Pastore e compagni sono esentati dal pensare, calcolare. Applicarsi alla ricerca di un solo risultato (la vittoria) è, cioè, l’unico vero vantaggio che resiste nella precarietà del regolamento e della situazione contingente. Ma servirà un Taranto estremamente coraggioso. E dotato di attributi. La fiducia nelle proprie qualità deve sopportare il collettivo: senza distrarlo. O, peggio, fuorviarlo.