venerdì 27 giugno 2008

Taranto, come non detto

Come non detto. Il Taranto resta a Blasi. Per ora, almeno. Al di là delle sue reali intenzioni. Le sensazioni, evidentemente, erano errate. Oppure erano drogate le prospettive di accordo tra le parti e le proiezioni di una tifosria fiduciosa e già sollevata. Oppure, ancora, gli auspici di tutti non si erano compiutamente confrontati con il parametro del prezzo. Comunque, Salvatore Graniglia, sponsor del club e compratore per un giorno, non accetta le condizioni (tra i tre e i quattro milioni per il cento per cento del pacchetto azionario) e si ritira dalla trattativa. Con garbo. E quel che sembrava non diventa. Resta Blasi, dunque: ancora assai imbronciato. Anzi, di più. Anche con lo stesso Graniglia. E ormai sempre più lontano dagli intimi sentimenti della gente. O, se non altro, mediaticamente scollato dalla città. Restano pure i problemi, ci mancherebbe: una squadra da riedificare, un rapporto con l'amministrazione comunale da restaurare, uno stadio da assistere e curare. E, ovviamente, resta il Taranto: senza un padrone tuttora convinto della convenienza di continuare a possederlo. Senza un futuro trasparente. Senza un'identità precisa. Senza un programma tracciato. Ancora senza un allenatore, dopo il saluto di Cari. Senza metà degli effettivi di un organico disfattosi dopo l'amarezza dei playoff. Senza una sede sociale e senza dipendenti, appena liberati. Senza il sostegno morale dei supporters, nuovamente avviliti e confusi. E, da quarantott'ore, senza uno sponsor: Graniglia, dicevamo, si è disimpegnato. Completamente.