sabato 21 novembre 2009

Pecchia e Porta, ultima chiamata?

Non è, questa, la stagione adatta al Foggia. Né avrebbe potuto esserlo, considerate le premesse. E non è, questo, un campionato che si adatta al blasone e alle intramontabili pretese della gente che tifa. E’, invece, un duemilanove di fatica grigia. In previsione di un altro semestre, il primo dell’anno che verrà, impastato di lacrime e sangue: se, come sembra, la definizione delle faccende societarie non subirà uno sviluppo conveniente e convincente. Non a caso, del resto, il numero uno del club, Tullio Capobianco, sta tentando di forzare i tempi, provocando istituzioni e forze imprenditoriali della Capitanata. Cercando i meandri più brevi per la soluzione ai problemi. Problemi che stritolano, ovviamente, anche la squadra: di per sé non eccessivamente carrozzata per guadagnarsi una salvezza agiata. O, comunque, per assicurarsi un cammino più regolare, che non dipenda esclusivamente dalle poche e isolate trovate di Salgado e Mancino, due singoli che possiedono intuizioni di altra categoria, ma troppo spesso imbavagliati dalla propria latitanza. E sì: perché, quando i big affrontano l’impegno con la lucidità (e le motivazioni) giuste, il Foggia cresce. Per poi riafflosciarsi sùbito dopo. Alla fine, dunque, al di là di qualche bagliore, la formazione di Pecchia e Porta è sempre lì, dentro il fosso. E i due tecnici, puntualmente, si ritrovano a fronteggiare la minaccia dell’esonero. Del quale, ormai, si sente parlare da più di un mese. Circola voce, anzi, che il match di domani (allo Zaccheria scende il Portogruaro) possa essere per la doppia guida tecnica la prova d’appello. L’ennesima. Brutta storia, per un Foggia ancora acerbo e spesso assente. E per due allenatori ormai abbondantemente delegittimati: non dalla società, magari, ma dall’ambiente. Certe volte, cambiando l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia.