mercoledì 18 novembre 2009

Le riflessioni di D'Addario

D’Addario sembrava deciso, al riparo di un microfono, appena un giorno prima: deciso a caricarsi nuove responsabilità, a rafforzare la propria politica interventista, ad aggredire il problema. Che, però, avrebbe potuto generarne altri. E, invece, il presidente torna indietro. Congela la scelta epocale. Riflette. O, magari, è consigliato a riflettere. Il riassunto di quarantott’ore calde in pochi flash: il Taranto che, nonostante la soddisfazione professata dal tecnico – inciampa a Portogruaro, allontanandosi dalle poltrone di maggior prestigio, continua a non convincere. Né la tifoseria (la contestazione, immediatamente dopo la gara, finisce per complicare -più o meno involontariamente - il viaggio di ritorno della comitiva, costretta a ripiegare su un autobus di fortuna), né il suo presidente. Uno, cioè, che non è abituato a perdere. E che non rinuncia neppure a prendere posizione. Con il temperamento dei più esigenti e l’azzardo dei neofiti. D’Addario, dopo la prima sconfitta della gestione Brucato (otto punti in sette gare: migliore, a questo punto, il cammino della squadra affidata, in prima battuta, a Braglia), interviene daglki schermi televisivi Pesantemente. Prospettando di esautorare (epurazione è un termine che non gli piace) una decina di effettivi dell’organico. I quali avrebbero potuto continuare ad allenarsi (tra mugugni e fastidio, immaginiamo) con il gruppo, senza poter contare – da qui sino a gennaio, tempo della riapertura del mercato – sul privilegio della convocazione. «Trentuno disponibili sono troppi. Con venti, l’allenatore potrà lavorare meglio», fa sapere il patron. Minacciando di accorciare, dunque, il raggio d’azione del coach. Come a dire: così dovrà essere, si adegui. Il caso non è assolutamente originale (i precedenti esistono), ma delicato: perché la ventilata decisione non affonda le radici su motivazioni extracalcistiche (è la società che detta una linea di comportamento che i dipendenti sono tenuti a rispettare: altrimenti, sanziona), ma su questioni squisitamente tecniche, di stretta pertinenza dello staff gestito da Brucato. Si profila un caso che comincia già a scottare: per le modalità con cui sta sbocciando e per le reazioni che potrà (il rapporto con i procuratori non è mai stato idilliaco e potrebbe incancrenirsi). Ma il martedì raffredda lo spirito bollente di D’Addario: in coda ad un confronto diretto (e duro, pare), sono tutti perdonati. Uno per tutti e tutti per un obiettivo, quello di sempre. Stretegia del terrore sapientemente studiata? Minacce esclusivamente mediatiche? Chissà. Oppure, più semplicemente, ravvedimento pilotato da un summit improvviso? Vedremo: il tempo ci dirà. Perché nuovi capitoli potranno assommarsi a questo: basta attendere. E confrontarsi con i risultati del campo. Intanto, però, il Taranto sceglie la linea morbida. Rivedendo le proprie posizioni. Più o meno quello che è avvenuto, pochi giorni prima, con il supervisore del vivaio, Franco Dellisanti: scaricato a parole e confermato nei fatti. Segno che D’Addario sta imparando ad placare gli istinti dell’inesperienza. Ad ascoltare le onde lunghe delle ragione. O le voci intermittenti di chi gli naviga attorno.