giovedì 19 novembre 2009

Non toglieteci la storia

Dopo il Grande Salento, la squadra del Basso Salento. Che riunisca un po’ di passioni e di piazze affamate: di calcio e visibilità. E, magari, anche le forze economiche di un angolo di periferia. Un soggetto unico che convogli gli interessi di città come Gallipoli, Casarano, Tricase, Maglie, Galatina, Nardò. E Racale, magari: dove il calcio, ultimamente, si è risvegliato con la forza del denaro. L’idea di D’Odorico, presidente appena sbarcato sullo Jonio, non è piaciuta, però, alla gente che tifa Gallipoli. E che è pronta a difendere il bene prezioso della B con la ragione sociale più cara. Il progetto è stato sùbito contestato: sonoramente. Con il pallone non si scherza. E con le rivalità (storiche) neppure. Il calcio, del resto, è bello anche per questo: perché riassume in sè anche i valori dell’identità di ciascuno. E perché profuma di storia, sia pure sommersa da decenni di anonimato. E poi c’è un’altra questione: è il calcio che cambia e che un po’ ci sta cambiando, quello che non va. E che non va alla gente. Ci hanno tolto molto: il piacere di acquistare il biglietto al botteghino dieci minuti prima del match, le divise di una volta, la partenza simultanea di tutti i campionati, l’integrità dei calendari, la numerazione classica delle maglie da gioco e chissà cos’altro, a cui ci siamo già abituati. Senza accorgercene. Ma non privateci anche del campanilismo (anche quello più becero), dei derby di provincia, del sale di molta storia del pallone. E poi, pensandoci bene, le fusioni – nel calcio – durano quello che devono durare: un mese, un anno. E tutto torna come prima. O quasi. Perché il business scivola via. E la storia resiste.