venerdì 9 ottobre 2009
Foggia, il temporale è quasi passato
Il temporale è queasi passato. Ma ancora piove. E resterà bagnato per altro tempo ancora. Intanto, però, lo sfogo di Capobianco, azionista di riferimento del Foggia, dovrebbe aver scosso le coscienze o, almeno, evidenziato la cruda realtà del momento. Dovrebbe. Di sicuro, comunque, lo stato di agitazione alimentatosi all’interno della società all’indomani dell’ultima caduta in campionato può considerarsi virtualmente composto. Pecchia e Porta rimangano al timone della squadra: le dimissioni sono state respinte. E la stessa struttura di comando, al di là delle parole secche e dure e dell’esplosione di amarezza, conferma il concetto di partenza, cioè il proprio impegno (anche e soprattutto economico) sino alla fine di questa stagione. Il Foggia, dunque, sopravviverà anche a se stesso. Per un po’, se non altro. Poi, se ne riparlerà. Il temporale, dicevamo, è passato. Ma ancora piove: il problema di fondo, in pratica, resta. Urgono nuovi compratori, quanto prima: il messaggio è limpido. Per qualche altro mese, il Foggia dovrà farsi bastare l’armistizio. E lo sfogo di Capobianco: più rumoroso che sostanziale. E chissà quanto utile: ma questo lo scopriremo presto.
giovedì 8 ottobre 2009
Francavilla, un mese perso
Il Francavilla si cautela in corsa. Come avevamo previsto, prima che il campionato partisse. Si cautela con un nome importante, per la terza serie: quello di Michele Cazzarò, che arriva da diverse esperienze consumate tra i professionisti. Al quale, ipotizziamo, si aggiungeranno altri rinforzi. Anche perché questa squadra, così com’è, non offre garanzie di salvezza. E non solo perché il club, forse frettolosamente, ha deciso in estate di disfarsi all’ossatura della passata stagione. Azzerando un organico di categoria e inventandosi una nuova strada, peraltro abbastanza pericolosa. Poi, alla fine, gli aggiustamenti e le rivisitazioni tecniche lasceranno lievitare i costi di gestione, portandoli sulle stesse cifre del passato. Ma questo, adesso, conta poco: ora è fondamentale scuotersi, entrare nella mentalità del torneo, cominciare a dimostrarsi competitivi. Darsi sostanza. Fare punti. Dissociarsi dal primo mese di calcio vero: in cui hanno latitato idee e carattere. Ed è inutile anche soffermarsi sul tempo trascorso. E sì, perché il primo mese è un mese perso.
mercoledì 7 ottobre 2009
Casarano, tutto si complica
Aspettavamo il Casarano. Che non è, strutturalmente, lo stesso Casarano scintillante della stagione appena trascorsa. Quello che aveva vinto tutto, ma proprio tutto. Aspettavamo il nuovo Casarano. Quello riveduto (e corretto?) per vincere ancora. In serie D, questa volta. E ci attendevamo, in realtà, anche qualche esitazione, sulla via del rinnovamento. Ma non il Casarano zoppo di quest’avvio di campionato. Già piegato due volte in casa (prima dal Matera e, domenica scorsa, dal più modesto – in termini tecnici – Bitonto). E mai davvero convincente: né a domicilio, né oltre confine. Comunque, troppo spesso impreciso: anche con Villa, l’artigliere più pesante. Non attendevamo questo Casarano: mai tonico, incapace di caricarsi il match sulle spalle. E, infine, sonoramente contestato da un pubblico storicamente esigente. Il nocchiero Bianchetti, però, utilizzerà una nuova chance: la società lo ha confermato con un comunicato ufficiale. E si allontana, per il momento, anche il pericolo dell’epurazione. Neppure la squadra deve temere niente, per ora. Ma il tempo, questa è la sensazione, potrebbe scadere presto. Va così, in certe piazze che si nutrono di certe ambizioni. E che spendono: tanto, anche. Anzi: altrove, Bianchetti e qualcun altro avrebbero già pagato, chissà. E va dato atto al club salentino di aver ragionato con la testa, bloccando gli impulsi della delusione. La società sa quel che vuole e sa quel che fa. Ma è obiettivamente difficile poter reggere alla pressione e al malcontento. Ed è facile capire che non potrà attendere molto: a Grottaglie, nella prossima gara imposta dal calendario, la Virtus si gioca parecchio. E, forse, di più. Anche se non è giusto addossare a Bianchetti l’intera responsabilità dell’approccio faticoso al torneo. Un approccio che possiede probabilmente anche motivazioni tattiche, ma non esclusivamente. Se gli acquisti estivi non sono propedeutici al progetto, del resto, le responsabilità vanno divise. E il sospetto è che il problema esista soprattutto nella scelta dei protagonisti
martedì 6 ottobre 2009
Foggia, cala il buio
L’involuzione si era ramificata da un po’. Attaccando gli argomenti a cui il Foggia si era aggrappato sin dall’inizio del campionato. E minando gli equilibri faticosamente strappati alle incognite di una stagione pianificata con poche risorse. La squadra di Pecchia e Porta perde quasi sùbito quel po’ di appeal guadagnato in partenza e si siede. Contro il Marcianise, poi, funziona poco o niente. E il rapporto con la gente si deteriora definitivamente. Risultato: sconfitta amara e tutti a casa. Tecnici e dirigenza. Proprio questo è il problema: chi avrebbe dovuto traghettare il club in fondo al torneo si fa da parte, infastidito dalla crudezza del disappunto popolare. Piegandosi alla prima vera contestazione. Arrendendosi, cioè, di fronte alla consapevolezza che il messaggio di fondo non è stato recepito dalla piazza. O accettato. Doveva succedere, è accaduto puntualmente. Non l’anno scorso: quando la situazione di austerity è stata mascherata dalla bontà del risultato finale (playoff) e dalla scelta felice di un po’ di giovani rampanti (Troianiello, Germinale e qualche altro). Ma quest’anno: dove le limitate possibilità economiche hanno consigliato un ulteriore snellimento degli obiettivi e dove la gioventù di qualche acquisto estivo non sembra aver allacciato una piena confidenza con la terza serie. Il presidente Capobianco e i suoi collaboratori più stretti smobilitano. Ed è questo il punto. Che priva il calcio foggiano di un futuro definito. Quel futuro che sarebbe dovuto passare anche e soprattutto dalle necessarie (e dolorose, certo) operazioni di risanamento, appena abbozzate. L’ambiente non ha saputo o voluto aspettare. O, forse, non possiede più la predisposizione alla sofferenza. Ma, oggi, non emergono alternative concrete a quello che la gestione Capobianco avrebbe potuto continuare a garantire. E, allora, resta da chiedersi se è servito a qualcosa lacerare il rapporto e forzare gli eventi. Perché chi fa calcio si stanca e va via, prima o poi: quando, piuttosto, andrebbe incoraggiato. Soprattutto in assenza di opzioni migliori. E la sofferenza, invece, rimane. Esattamente di fronte a chi non la sopporta. E a chi l’osteggia. Peggiorando la situazione.
lunedì 5 ottobre 2009
Noicattaro, primo insipido punto
Questa volta finisce quasi discretamente. Con un punto. Che è davvero poca cosa, ormai. Ma che, almeno, tampona la contestazione popolare che serpeggia. Purchè di contestazione popolare si possa parlare, dal momento che il Noicattaro non attira neppure gli abbonati. Respingendo gli altri. Questa volta finisce quasi bene. Merito della disperazione. O dell’orgoglio, come si comenta in certi casi. Oppure dall’atteggiamento dell’avversario di turno, la Vibonese di Galfano, cioè una squadra in attesa degli eventi. Che, da principio, viene premiata. Tanto da confidare in un successo che si intravede e quasi si tocca. E che, alla fine, viene però castigata. Perché si rintana, sicura com’è di resistere qualche altro minuto alla fragile pressione nojana. Questa volta finisce meglio di altre. Perché la formazione di Carella (che salva la panca) rimedia due volte allo svantaggio, apparendo prima imballata e visibilmente irretita dalla sequenza di risultati sfavorevoli e solo nella ripresa meglio disposta a far circolare il pallone, anche se scarsamente assistita dalla lucidità. Questa volta non finisce come in altre occasioni, no: ma è faticoso capire quanto il semplice punto potrà servire. Innanzi tutto perché non si intravedono margini di miglioramenti strutturali (la società, adesso, li esclude, cancellando qualche vaga promessa del recente passato). Ed è difficile capire quanto possa essere propedeutico il lavoro che verrà speso da qui in poi. Il silenzio stampa della squadra, a fine match, rivela più di qualcosa. Più di un disagio. Più di un’insicurezza. Davanti alla quale, generalmente, non è sufficiente neppure l’orgoglio. Cioè il padre del primo punto ottenuto in campionato: che, oggi, sembra insipido.
domenica 4 ottobre 2009
Gallipoli, la gente non risponde
Neanche il punto di penalizzazione frena psicologicamente il cammino del Gallipoli. Che non vince la resistenza dell’Empoli, formazione di caratura teoricamente superiore, e che però continua a praticare un calcio degno e a movimentare la classifica. Dopo aver –dettaglio non trascurabile – agguantato un altro punto nell’insidiosa trasferta di Padova, sette giorni prima. E, dunque, offrendosi una continuità che garantisce umore buono e prospettive migliori. Quanto basta per valorizzare l’impegno e il lavoro di Giannini e, prima ancora, quello del club. Quanto basta per rassodare il processo di inserimento del collettivo nel campionato, approcciato con infinite difficoltà e paure diffuse. Pur sapendo che i pareggi, da soli, non producono felicità. E che, un punto per volta, non garantisce impunità. Traducendo, presto o tardi (più presto che tardi), il Gallipoli non potrà rinunciare al succo prezioso dell’affermazione: perché il calcio è anche matematica. E la matematica non inganna, né ammette inganni. E perché nel calcio le parole migliori (e anche quelle più sincere) non bastano. E ogni giorno di pallone va speso nella ricerca di una conferma. O nell’inseguimento di un traguardo nuovo. Che la società e i protagonisti del campo dovranno necessariamente perseguire con l’aiuto della gente che tifa. Poca, pure contro l’Empoli. Il borderò parla di seicento paganti. Anche meno. Numeri che, siamo certi, staranno facendo riflettere patron D’Odorico, l’imprenditore che ha rilevato il titolo sportivo da Barba in coda ad un’estate affaticata e movimentata. Che, a questo punto, potrebbe persino chiedersi se l’operazione può considerarsi felice oppure no. Neanche due mesi dopo. Soprattutto perché i trenta chilometri che separano lo Jonio dalla stadio di Lecce, la casa temporanea di Mounard e soci, non sono una risposta. Né potranno mai diventarlo.
venerdì 2 ottobre 2009
Matarrese ritrova il Bari. Senza averlo mai ceduto
Tim Barton non soddisfa l’accordo preliminare già sancito e neppure il portafoglio di Matarrese. Il trenta settembre (ultimo giorno utile per rifinire un’intesa sbocciata, ma mai cementata) scivola via e la trattativa della cessione del pacchetto di maggioranza delle quote azionarie del Bari sfuma tra la delusione di chi aveva scommesso sull’americano rampante, i sospiri, il sollievo di quanti tifavano per una risoluzione definitiva in tempi stretti e il sospetto di essere stati ingannati. O fuorviati: dai protagonisti, dalle situazioni, dai frantendimenti e dalle esposizioni facili della varia umanità che ha circumnavigato il problema, cioè l’operazione. Matarrese è stato chiaro e continua ad esserlo: passato il trenta settembre, evapora qualsiasi discorso, qualunque intesa preliminare. E sia. Meglio così: non per la fetta più larga della tifoseria, magari. Ma per la squadra e la sua guida tecnica: che, nel tragitto delicato del primo campionato di serie A dopo il buio, necessita di chiarezze e di un punto di riferimento societario preciso. Per lo stesso Perinetti: che, innegabilmente, ha vissuto con difficoltà l’ultimo periodo, in bilico tra una società vicina al disimpegno ed un'altra ancora non formalizzata. Incontrando, perciò, controindicazioni di gestione non indifferenti. E, infine, meglio anche per Vincenzo Matarrese, quasi obbligato a disfarsi il club, ma mai davvero convinto dell’opportunità della cessione. Una scelta che, probabilmente, il presidente non avrebbe perdonato a se stesso. Né oggi, né in sèguito.
mercoledì 30 settembre 2009
Cose (strane) da derby
La solidarietà di fonte alla legge che si evolve. O che s’involve. Alle normative che piacciono solo a chi le scrive. Che continuano ad allontanare o ad attenuare il problema, senza però devitalizzarlo davvero. Torniamo al derby di Monopoli. E agli spalti del settore ospiti del Veneziani: vuoti. Palcoscenico immobile a cui si ribella anche la tifoseria di casa, mai tenera con chi tifa Brindisi. «Ridateci il derby», recita uno striscione. «Un derby senza rivali è un derby a metà», urla un altro messaggio scritto su tela. E, dalla tifoseria di casa, una conferma del disagio, che è il disagio dell’intero movimento calcistico: «Questo derby è del Prefetto», canta il coro degli ultrà. La ristrettezza dei regolamenti non risolve la questione, no. Ma, almeno, è utile ad accorciare le distanze, a riavvicinare idealmente fazioni tradizionalmente distanti e nemiche. Ad unirsi, nella condivisione di un’idea. Una vittoria della tifoseria, pensandoci bene. E, forse, un autogol delle istituzioni.
martedì 29 settembre 2009
Monopoli, un punto per ripartire
Il Monopoli è quello di altre volte. Soffre, rincorre e si riabilita. Sembra una pellicola già proiettata. Accade anche nel derby, di fronte al nemico di sempre. La gente di Pellegrini, diciamolo pure, si lascia stringere per venti minuti buoni, lasciando il possesso delle operazioni tra i piedi del Brindisi. Ma, con lo scorrere del tempo, sa riorganizzarsi ed allungarsi, affidandosi prima ad una reazione incompleta (la squadra non arriva facilmente ai confini dell’area avversaria e le soluzioni personali non possono puntualmente garantire efficacia) e poi ad un calcio più fluido, più consapevole, anche se non particolarmente esauriente sotto il profilo della continuità. La pazienza del Monopoli, peraltro, è un fatto già appurato, sin dall’avvio del campionato. E il punto, nel derby, non è affatto un risultato di cui rammaricarsi eccessivamente. Tutt’altro. Nonostante possa teoricamente generare malumori sottili. Del resto, è questa la dimensione reale del Monopoli. Basta prenderne atto. Con saggezza.
lunedì 28 settembre 2009
Il Brindisi e il derby finito prima del tempo
Il Brindisi possiede personalità. E anche mentalità. La manovra, nel derby di Monopoli, è salda. Cerca con insistenza Moscelli, anche se poi segna Da Silva, uno che sembra già perfettamente integrato nel dispositivo offensivo allestito da Massimo Silva (il paulistano si inserisce, fa spazio alle proposte altrui, dialoga). Peraltro, a vantaggio acquisito, il più equilibrato 4-4-2 (in fase di non possesso la squadra si avvale di un centrocampista vero come Pizzolla) che sa trasformarsi però in 4-3-3 insiste. Insegue, cioè, il raddoppio, portando palla: e il dettaglio non può passare inosservato, sino a piacere. Il Brindisi, anzi, appare persino più lucido, più scaltro. E lo stesso pareggio monopolitano, avvenuto a primo tempo ancora vivo, non sottrae nulla alla bontà del concetto. Semmai, è la lievitazione avversaria a ridurre il campo a Fiore e soci. Che, comunque, sembrano poter mantenere atteggiamenti e movenze convenienti sino in fondo. Eppure, la sensazione è che, ad un certo punto, il Brindisi decida di limitarsi ad un presidio vigile e a qualche incursione (operazione condivisibile), ma pure di accettare prima del tempo un pareggio che indubbiamente va bene a chiunque. Privandosi così della possibilità di recuperare qualche metro perduto. Traducendo: il giudizio complessivo tiene conto di un Brindisi solido dietro, versatile nel mezzo e pericoloso davanti. Ma pure di un’occasione non disputata sino in fondo. Solo il tempo, adesso, potrà chiarire: se il punto di Monopoli è utile così com’è, oppure no. Ma un’impressione di incompletezza, oggi, rimane.
Lecce, quale obiettivo?
In una settimana (tre punti a Modena nel turno infrasettimanale e altri tre a domicilio, sul Mantova che prima passa e poi si piega, ieri) il Lecce autorizza a rivedere i giudizi già spesi sul proprio stato di salute e ravviva l’anonimato della classifica. De Canio, in coda all’ultimo match, racconta di un centrocampo asfissiato che non riesce a distribuire il gioco sempre e comunque, ma sottolinea anche le ritrovate virtù gladiatorie di una squadra sin qui troppo borghese e, quindi, avulsa dall’atmosfera che si respira in serie B. Il processo di ambientamento al clima del torneo, del resto, non è un dettaglio da sottovalutare: se il collettivo comincia a rispondere a determinate sollecitazioni, aumentano le possibilità di riacquisire spessore nella corsa ad una delle piazze che conducono ai playoff. Obiettivo da cui il trainer materano non si è dissociato, senza però enfatizzarlo. Probabilmente, l’operazione strategica che – in questo momento – ripara il Lecce dall’esposizione mediatica, ma che non salvaguarda la sete di protagonismo della tifoseria e che non riaccende l’entusiasmo in una città calcisticamente spenta e spesso demoralizzata, se non depressa. O la conferma di un antico sospetto: De Canio, forse, fatica ancora a decodificare il gruppo che guida. Tanto da non potersi o volersi sbilanciare. Tanto da non fidarsi sino in fondo: lui per primo. Tanto da consigliare a se stesso di aspettare, prima di dichiararsi definitivamente. E tanto da apparire, davanti ai microfoni, troppo pensieroso, quasi svagato. O, magari, reticente.
sabato 26 settembre 2009
Ostuni, la panca a Lombardo
Il derby sciupato, malgrado il doppio vantaggio accumulato sul Bitonto, non sarà piaciuto al nuovo padrone dell’Ostuni. E non sarà piaciuto neppure l’approccio al campionato, modesto nei numeri, ma anche fortemente condizionato da un’estate incerta. Però è facile credere che Enzo Carbonella avrebbe sofferto comunque l’esonero (notizia di un paio di giorni addietro). Dopo aver digrignato i denti e sopportato il peso dell'austerity da giugno sino a questi giorni. Al di là di tutto, però, l’arrivo sulla panca di Andrea Lombardo, allenatore alla ricerca di un pedigrée consolidato, sembra una di quelle scelte di tendenza. O di marketing. Buone ad inventarsi una storia, a dotarsi di un tono. Ovvio: chi compra (il presidente Sannelli, appunto) possiede il diritto di circondarsi di uomini di propria fiducia. E di liberarsi delle scelte altrui. Anche se la scelta può far germogliare una certa diffidenza. Se, soprattutto, il nuovo trainer non conosce i campionati di questa fetta d’Italia e l’ambiente che li circondano. E se il nome di Lombardo può apparire un’operazione che appaga l’apparenza, prima ancora della sostanza. Ma tant’è. Salutiamo, allora, il trainer che arriva. Al quale necessiterà esattamente quello che sarebbe servito a Carbonella: un organico più robusto, numericamente e qualitativamente parlando (i rinforzi, però, stanno arrivando). Un organico che non debba unicamente appoggiarsi sull’estro di Malagnino. Utile, certo: ma insufficiente.
venerdì 25 settembre 2009
La vittoria di Biagioni. Quando ormai è tardi
Adesso diranno che l’Andria si è scosso e svegliato. E che le virtù taumaturgiche di Aldo Papagni, il nuovo caudillo che raccoglie la panchina già appartenuta all’esautorato Biagioni, riaccompagnano una squadra teoricamente niente male sul binario di un calcio più affidabile. Certo è che, di fronte al Cosenza, Dionigi e compagni sono sembrati più risoluti, anche se non eccessivamente audaci. E che l’orribile avvio di stagione è stato metabolizzato con i primi tre punti. Giusto: con la palla tra i piedi l’avversario si è fatto preferire. E l’Andria è ancora un po’ inamidato, perché ostaggio della sua storia recentissima. Ma, almeno, una delle pochissime occasioni (forsa l’unica vera occasione) del match è stata monetizzata da Maccan: talvolta, anche questi sono segnali che sottintendono qualcosa. E che aiutano il lavoro del nuovo tecnico, tornato cinque anni dopo per riallacciare un discorso interrotto. Papagni, che ad Andria gode di stima incondizionata, comincia bene. Ed è un dato prezioso. Comincia bene, esattamente dove finisce l’avventura di Biagioni. Penalizzato dai risultati, ma salutato con calore dalla tifoseria: «Senza se, senza ma, grazie Oberdan», recitava uno striscione. Un caso raro, dopo quattro sconfitte e nessun punto in classifica. Ma anche una vittoria, per il coach romano: fuori dal rettangolo di gioco. Una vittoria arrivata troppo tardi, ma non per questo inutile. Che tributa un ricordo dolce, se non altro. E, con il ricordo, il rimpianto.
giovedì 24 settembre 2009
Manfredonia, disabitudine alla normalità
Disabitudine alla normalità. Anche questa volta, il campionato del Manfredonia è un incrocio di apprensioni. Riassunto con un approccio anche un po’ affannato (al di là delle previsioni magari), con una lievitazione progressiva, con la luttuosa trasferta di Barletta (da recuperare), con l’incognita del futuro di Mauro Marchano (volato in Argentina dopo l’incidente che l’ha privato della famiglia: tornerà?) e con il contraccolpo psicologico che potrebbe aver impantanato la squadra a Castellammare di Stabia, appena domenica scorsa (quattro gol al passivo e prestazione insufficiente, dal punto di vista tecnico e caratteriale). La trasferta campana, anzi, sembra aver inquietato Bucaro, nocchiero che avrebbe voluto annotare la reazione del gruppo e, perché no, omaggiare Marchano. E che, tra le righe, potrebbe aver avvisato il pericolo di un alibi dietro il quale nascondersi. Certo: il punto, forse, non è questo. Ma la sensazione aleggia. E il dubbio sgomita. In attesa della controprova.
mercoledì 23 settembre 2009
Bitonto, un destino da battaglia
Due punti in quattro partite non sono il meglio, ma il Bitonto sa di non poter chiedere troppo a questo torneo di serie D. Per problemi oggettivi, strutturali. La squadra è allestita per sperare. E per confidare sulle risorse già utilizzate nel corso della stagione appena passata: grinta, agonismo, sacrificio. Qualità che domenica, ad Ostuni, sembrano aver pagato sostanziosamente: in svantaggio di due gol, l’undici di Pizzulli ha saputo recuperare il pareggio, con orgoglio e cattiveria. La cattiveria che il trainer professa con trasparenza. Non c’è da vergognarsene: è il destino di chi è obbligato a battagliare. Come e più di un campionato fa: alla fine del quale diventò necessario passare attraverso l’appendice misteriosa dei playout. Ma il Bitonto firmerebbe sin d’ora per ottenere lo stesso risultato finale, a maggio. Lo sappiamo già: sarà dura, comunque vada. Malgrado la grinta, l’agonismo e il sacrificio. Nonostante la cattiveria invocata dal coach. E, se poi dovesse aggiungersi la continuità sconosciuta alla formazione guidata allora da Ruisi, non sarebbe affatto male.
martedì 22 settembre 2009
Noicattaro, la notte si allunga
La notte del Noicattaro si allunga. La classifica è sempre quella, la stessa di partenza. Il Catanzaro lo condanna alla quinta sconfitta di fila. Alla sconfitta che, più delle altre, lascia pensare. Per lo score (pesante: uno a quattro), ma anche per lo modalità che lo determinano. Eppure, la squadra che crolla nell’ultima mezz’ora di gioco è la migliore versione di questo primo mese di calcio. E, per un po’, il Noicattaro che conduce il risultato sembra possedere l’autorevolezza per resistere sino in fondo. Anzi, ad un certo punto sembra aver catturato il cliché della partita: la palla circola e Zotti, sistemato in mediana, è propositivo. Invece, la delusione cala all’impovviso, brutale. La squadra di Carella si sgonfia e il Catanzaro riemerge. O viceversa. Zotti e soci smarriscono le coordinate e si lasciano travolgere. Calando fisicamente, atleticamente e, soprattutto, psicologicamente. E c’è, forse, dell’altro: il coach nojano, in tre minuti, esaurisce tutti i cambi a disposizione. Ci resta, allora, il sospetto che anche la mutazione repentina dell’organico provochi qualche scompenso: che Mosciaro capitalizza, chiudendo il match. Molto prima del tempo. Nessun punto, quindi. Neppure questa volta. E le ombre si agitano violente. Mentre Tatò, presidente di garbo e misura, conferma che il raggio d’azione societario è limitato, per motivazioni squisitamente economiche. Aggiungendo, però, che un paio di svincolati potranno rafforzare l’organico attuale, anche in tempi brevi. Un paio e non di più. Il Noicattaro dovrà farseli bastare.
lunedì 21 settembre 2009
Il Taranto e la tensione di Braglia
«Male, malissimo». Piero Braglia non si nasconde. Nemmeno questa volta. Il Taranto che perde (male) davanti alla Spal, a domicilio, è svogliato e improponibile. «Mi accollo ogni responsabilità», aggiunge il trainer. Che chiude una settimana di fraintendimenti, di duelli verbali ingaggiati con la stampa e di depistaggi logistici (la squadra, giovedì scorso, si era appartata a Palagianello, lontana da taccuini indiscreti) con un silenzio stampa che parte da oggi e che si protrarrà sino a domenica. Non è sereno, il coach. E sembra avvertire eccessivamente la pressione che abita da sempre in riva a Mar Piccolo. Quella stessa pressione di cui è stato puntualmente avvisato e che, tuttavia, avrà probabilmente sottovalutato. Strano, considerata l’ormai lunga navigazione del tecnico toscano in acque perigliose e in piazze complicate. Braglia, però, sente che la squadra non risponde. O che non risponde sempre e comunque. E comincia ad avvertire attorno a sé l’ostilità sottile della diffidenza. Che arriva da ogni direzione. Il Taranto, si dice, potrebbe dare molto, in questo campionato. Ma la manovra si ingolfa e la quadratura tattica tarda a solidificarsi. Peggio ancora: il suo nocchiero è sempre più agitato. E una guida poco tranquilla rischia di innervosire chi opera sul campo. Adesso, è questo il nemico più insidioso.
domenica 20 settembre 2009
E il Gallipoli si fa raggiungere ancora
Un altro pareggio. Il quarto. E un altro punto prezioso. La simpatia tra il Gallipoli e il risultato minimo si consolida. E si consolida, se vogliamo, anche una classifica che continua a mantenere i salentini al di là della soglia della massima preoccupazione. Ma il due e adue di Vicenza non può non amareggiare. E, in fondo, lascia riflettere. Perché svilire un vantaggio di due reti è quasi un reato. E lasciarsi nuovamente raggiungere nelle ultime battute del match (era accaduto anche la settimana prima, di fronte al Sassuolo) lo è interamente. Anzi, contando per bene, dall’inizio del torneo ad oggi il Gallipoli si fa raggiungere per la terza volta. E il sospetto, adesso, è che non sia un caso. Giusto: l’allestimento dell’organico e la preparazione si sono rincorse con anormale ritardo. E la diffusa inesperienza di molti protagonisti del sogno che si chiama serie B è un ostacolo in più. Ma, forse, sta incidendo anche la mentalità del gruppo. Magari, sarebbe il caso di parlarne. E di lavorarci su. Giannini, ora, inietti un po’ della sua esperienza, del suo carisma. Aggiunga, cioè, qualcosa di suo. E’ il momento. Ed è necessario.
giovedì 17 settembre 2009
Grottaglie, suicidio nel recupero
Il Grottaglie riabbraccia il proprio pubblico. Per la prima volta, dopo la retrocessione, peraltro cancellata dal ripescaggio recentissimo. E, invece di festeggiare, si suicida. Distruggendo il vantaggio doppio capitalizzato di fronte ad un Francavilla (quello lucano) sempre interessante nel reparto avanzato e assai modesto nel suo complesso. Anzi, inguardabile dietro. La squadra di Maiuri ottiene un solo punto: perché, alla mezz’ora della ripresa, Cornacchia si fa anticipare e beffare da Del Prete. E perché, in pieno recupero, un calcio d’angolo mirato al primo palo trova la deviazione vincente di Manzillo. Disattenzioni gravi, che azzerano il pur faticoso arrampicamento su una partita che spiega le difficoltà sulle quali l’Ars et Labor si sta imbattendo. E sulla quali continuerà a sbattere, se la società non provvederà a rafforzare l’organico. Come, del resto, ha promesso. A proposito: il pareggio (maturato in undici contro dieci, oltre tutto) possiede un unico lato positivo: non potrà cioè ingannare come, piuttosto, avrebbe potuto l’eventuale vittoria. Che, spesso, riesce ad occultare la verità. No, questa volta non esiste il pericolo: i limiti (non solo atletici, anche abbastanza evidenti dopo la prima metà della ripresa) emergono tutti. Anche quelli caratteriali, probabilmente. Di una formazione che si imbatte nella paura di vincere. E che, infatti, frana davanti al traguardo. No, i limiti affiorano tutti. Le prestazioni di De Angelis (due gol e molta verve) e del solito D’Amblè non riescono ad allontanarli. Limiti tecnici, anche: così com’è, il Grottaglie è ancora troppo vicino al campionato che avrebbe dovuto affrontare, se non avesse vinto il ricorso. E, parlando brutalmente, i tre acquisti promessi dal presidente Ciraci potrebbero persino non bastare.
mercoledì 16 settembre 2009
E la Promozione dribbla il regolamento
Si rincorrono voci strane, nell’universo del dilettantismo pugliese. E si configurano situazioni paradossali. O, quanto meno, particolari. Avallate dai regolamenti o, meglio ancora, dalle differenti calendarizzazioni dei campionati. Quello di Eccellenza, per esempio: già partito da tre turni, compreso quello infrasettimanale che si consuma oggi. E quello di Promozione, più direttamente coinvolto nella questione, che invece parte domenica prossima. Vediamo: e, intanto, torniamo alle giornate conclusive della stagione passata. In cui qualche protagonista ha rimediato una, due o più giornate di squalifica: routine pura, ci mancherebbe. Punizioni totalmente o parzialmente da scontare: adesso. Succede, però, che alcuni club di Promozione abbiano individuato l’escamotage per dribblare l’inopportunità della squalifica. Cavalcando, appunto, le norme. Senza, peraltro – è bene sottolinearlo – infrangerle. Dal punto di vista formale. Ma non da quello puramente morale. Avendo cioè ceduto temporaneamente (parliamo, dunque, di prestito) i cartellini degli squalificati a società inserite nel torneo di Eccellenza. Con le quali, in realtà, non si sono di fatto neanche mai allenati. E con le quali, tuttavia, hanno potuto scontare la squalifica (non disputando, appunto, i primi tre impegni di campionato) e, quindi, riconquistando la libertà di espressione. Traducendo, si tratta di trasferimenti fittizi. A squalifica scontata, ovviamente, i prestiti tornano alle rispettive basi di partenza. Prima, ovviamente, della partenza del campionato di Promozione. Con la facoltà di partecipare alla prima gara. Chiaramente, non serviranno eventuali reclami di questo o di quell’altro club: l’operazione è tecnicamente pulita. E ampiamente consentita. Da sempre. Chiaro, nessuno è colpevole. O, forse, un colpevole c'è: la calendarizzazione (quest'anno, per la prima volta, i due campionati non partono contemporaneamente). Ma la storia meritava di essere raccontata. E, soprattutto, merita di essere approfondita, quanto prima. Certo: ora, ormai, è tardi. E non si potrà più ovviare al problema. Ma il dato di fondo rimane. Sarà bene organizzarsi per il futuro. E la Federcalcio di Puglia dovrà ideare una soluzione efficace.
martedì 15 settembre 2009
Lecce, più poteri a De Canio
Puntuale, ecco la notizia che ufficializza il divorzio. Angelozzi, appena rientrato dal periodo di riposo che segue le ultime contrattazioni di mercato, scioglie il rapporto con il Lecce e cambia rotta. Se ne parlava: e il momento della separazione è arrivato. Consequenziale alle frizioni verbali intercorse con il tecnico De Canio (l’organico sarebbe stato allestito in ritardo sui tempi: l’accusa è precisa) e, soprattutto, al largo potere strategico assunto dall’allenatore al momento di firmare il rinnovo del contratto. E, se volete, anche all’ingresso nello staff di nuove figure professionali particolarmente vicine al coach materano. Del resto, se si alimenta il peso specifico di uno, cala il prestigio di un altro. Non ci meraviglieremo di questo. Di sicuro, però, adesso De Canio è il plenipotenziario del club salentino: di fatto. Ma, con gli onori, si allargherà anche il fronte degli oneri. Il Lecce, cioè, si specchierà sempre più nell’allenatore diventato anche manager. E, con gli oneri, si gonfieranno anche le pressioni: è inevitabile. Ed è inutile sottolineare che De Canio, da ora in poi, si giocherà davvero tutto. Ritrovandosi a rispondere di tutto. In prima persona. Sempre.
lunedì 14 settembre 2009
Monopoli, leader che sa soffrire
Balistreri trova il varco e la partita cambia, consegnandosi ad una squadra che soffre un tempo intero, ma che dimostra anche di saper soffrire. E, cioè, di ribellarsi: ancora una volta. Che, di fronte al pressing e all’applicazione dell’avversario, smarrisce e poi ritrova smalto e cordinate. Il Monopoli supera la Vibonese e si scopre capoclassifica, al fianco di concorrenti più reclamizzate. Eppure, il match della formazione di Pellegrini fatica a decollare. Perchè accusa lentezza nelle operazioni di impostazione. Perché difettano il ritmo e le accelerazioni. Perché il sacrificio e il mestiere sorreggono la prestazione concreta e spartana dei calabresi. E perché il Monopoli si lascia imbrigliare e irretire: tanto che la manovra si sgrana, diventando sufficientemente prevedibile. Altro dettaglio: in mezzo al campo, nei contrasti, la cerniera della Vibonese è più risoluta. Oltrepasato l’intervallo, tuttavia, Lanzillotta e soci appaiono sùbito più fluidi e incisivi. La squadra comincia a fraseggiare meglio, più lucidamente, fino a forzare il dispositivo ospite. Da qui in poi, è tutta un’altra partita. Che la Vibonese dovrebbe interpretare differentemente, provando a forzare. Ma il Monopoli è ormai più sicuro di sé: quanto basta per controllare l’ultimo quarto dell’incontro, arginare le deboli controdeduzioni dell’undici di Galfano e scalare la classifica, che incoraggia gli appetiti. Classifica assolutamente inattesa: da vivere e gestire con intelligenza. E da interpretare come uno stimolo. Senza lasciarsi fuorviare.
domenica 13 settembre 2009
Il Gallipoli sta diventando squadra
Terzo pari, terzo punto. In quattro partite. Non è un cammino particolarmente eccitante, ma il passo del Gallipoli è rispettoso dei programmi con i quali la stagione è stata impostata. In ritardo eccessivo, peraltro. E, innanzi tutto, della caratura dell’organico frettolosamente affidato alle cure di Giannini, pochi giorni prima dell’esordio nel campionato di B. Tre punti, anzi, sono un approccio morbido: considerate, appunto, le premesse. Assolutamente al di là di qualsiasi contesto logico. Sul terreno di casa (si fa per dire, il club jonico è e sarà per molto tempo ospite del Lecce), di fronte all’attrezzato e meglio rodato Sassuolo, il Gallipoli spera oltre tutto nel primo successo, svanito in prossimità della dirittura d’arrivo. Consolandosi, tuttavia, con la consapevolezza di aver guadagnato in compattezza, in credibilità tattica e in affidabilità. Elementi che verranno buoni più avanti e che, alla distanza, peseranno molto di più dei due punti evaporati ieri. Un mese dopo, cioè, il Gallipoli comincia a diventare una squadra: dettaglio onestamente arduo da prevedere. Una squadra, depositaria del proprio destino e con un domani davanti a sè. Da soppesare e, evidentemente, da interpretare. Un domani, però, da affrontare con la prospettiva della crescita graduale e complessiva. Senza il pericolo di infilarsi nell’incubo di un’avventura storica appena annusata e già avviata ad esaurirsi.
sabato 12 settembre 2009
Lecce, pareggio di transizione
Il pareggio della transizione. Da una condizione di disagio ad uno schiarimento dell’orizzonte. Il Lecce che pareggia a Modena nell’anticipo del venerdì è una squadra che non graffia eccessivamente, ma che tiene. Che si dà. Che, quantitativamente, risponde alla chiamata di un campionato tradizionalmente amico di chi sa soffrire e disputarsi il risultato. La stanchezza accumulata nelle gambe di Giacomazzi e compagni spiega il dispendio di energie e l’abnegazione del collettivo al servizio della causa comune. E i crampi diffusi testimoniano il sacrificio del gruppo. Ovviamente, però, il Lecce sembra ancora lontano dall’idea di partenza di De Canio e, soprattutto, dell’opinione pubblica. Il rovescio della settima precedente (sconfitta scabrosa rimediata di fronte al Frosinone, edificata innanzi tutto su un calo atletico assai evidente) non è, del resto, ancora definitivamente assorbito. Il Lecce, cioè, sembra ancora rincorrere se stesso. E una propria fisionomia, cioè un calcio più continuo e sostanzioso. Sapendo perfettamente che la serie B attende qualcosa di meglio. Qualcosa di più.
martedì 8 settembre 2009
Biagioni e il derby fatale
La più che discreta operatività in sede di mercato non autorizza ancora l’Andria a sorridere. Tre sconfitte e nessun punto cominciano a pesare. Sulle spalle di Oberdan Biagioni, innanzi tutto. E poi sul morale. Il derby del posticipo, sprecato di fronte al Foggia, certifica che la squadra non è ancora pronta a respingere le insidie del campionato. Che sarà anche lungo, ma che è pure sufficientemente maligno. E, comunque, sempre arduo per chi zoppica quando è preferibile impostare. Come sottolineano le statistiche e pure l’ultima partita disputata: in cui l’avversario controlla il match dall’inizio alla sua conclusione, dettando il ritmo e le condizioni. E in cui, soprattutto, la formazioni di Biagioni non conclude mai in porta. Abbastanza per preoccupare la piazza. E per far circolare il nome di Novelli. Molti sono pronti a giurare che l’avvicendamento, in panchina, è questione di ore. La prima scommessa di patron Musci, quella della guida tecnica, sembra ormai persa.
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