venerdì 14 novembre 2008

La daspo di Morello

Le regole cambiano. E la repressione si ramifica anche nel pallone. Le intemperanze, sugli spalti, si cominciano a pagare: non individualmente (non sempre, almeno), ma collettivamente. Paga - sempre più - la gente, in blocco: le curve restano artificiosamente vuote e, talvolta, anche gli stadi interi. Anche se, a porte davvero chiuse, non gioca mai nessuno: perchè gli invitati speciali sono legittimamente ammessi. Poi, però, c'è la daspo: un provvedimento che, di fatto, limita la libertà del singolo. Ovvero, una squalifica a tempo: durante il quale non potrà accedere in una struttura sportiva. Colpisce chiunque, indistintamente: tifosi, dirigenti e protagonisti del campo. Sì, anche i giocatori. A livello professionistico, c'è già un caso: quello di Stefano Morello, attualmente in forza alla Juve Stabia, attaccante leccese recentemente tesserato con il Gallipoli. Gallipoli che, l'anno scorso, a Potenza, fu coinvolto in una serie di spiacevoli situazioni. Ora, Morello non potrebbe accedere a nessuna manifestazione sportiva, come molti ultras. Il problema, tuttavia, esiste: perchè il ragazzo non tifa e non assiste alla partita, ma la determina. Giocando. Con lo status di professionista. E il lavoro, per legge, non si può negare a nessuno. Quindi, Morello potrà essere regolarmente utilizzato da Morgia, il trainer stabiese. In campo o in panchina. Se non dovesse essere convocato, invece, non potrà neppure assistere al match. E tornare a casa. Il caso è singolare e fa sorridere. Ma è tutto vero. A questo punto, non conosciamo le idee di Morgia. Ma l'impressione è che Morello, eventuali squalifiche o infortuni a parte, potrà contare per un po' sulla convocazione fissa. O campo o panchina, cioè. Aggirando il provvedimento. E risparmiando l'antipatica collocazione in tribuna: la peggiore, per un giocatore. Da sempre. Morello, intanto, ha proposto ricorso al Consiglio di Stato: ma, da un certo punto di vista, il Daspo non è poi così male.