sabato 22 novembre 2008

La crisi totale del Manfredonia

Non risponde più, il Manfredonia. Alle sollecitazioni, ai richiami aspri della classifica, alla contemporaneità dell’esigenza. Non risponde e crolla. Partita dopo partita, emergono i limiti e, con essi, un antipatico alone di abulia. La squadra di D’Arrigo subisce e non reagisce: attende passivamente che l’avversario si dichiari e, altrettanto passivamente, lascia scorrere il match. Lasciandosi scivolare addosso tutto. Non si aiuta, non si agita, non si ribella. Resta lì, in attesa di chissà cosa. Non possiede la forza di opporsi: e il male sembra, innanzi tutto, di natura psicologica. Diretta conseguenza della sempre più consolidata consapevolezza di non saper graffiare, di non saper aggredire. A Barcellona, domenioca scorsa, va peggio di altre volte. La caduta è verticale, il tecnico s’infuria e la gente che tifa si sente prigioniera di una pellicola già avissuta. Anzi, se possibile, ancora più tetra. Il sospetto è che il Manfredonia possa essere stato risucchiato, neppure a metà del cammino, nel vortice della demotivazione o, peggio ancora, della depressione. E che serva, prima di tutto, un’iniezione di fiducia. Cioè qualche puntello. Il club, probabilmente, sotto questo profilo, sta lavorando. C’è un problema, però: i tempi per potersi muovere sono ancora lontani. Resta, al momento, solo il mercato degli svincolati. Nel frattempo, cioè domani, al Miramare scende però il Cassino, cliente assai scomodo: ma chiedere alla squadra una prova di orgoglio è assolutamente doveroso. Il Manfredonia si gioca già parecchio del suo futuro.