mercoledì 20 febbraio 2008

Florimbj, Camplone, l'orgoglio

Ben venga Florimbj, a Martina: il nuovo tecnico ha esperienza e modi bruschi, quando servono. E alla disperata truppa che fu di Camplone una figura così servirà di sicuro. E, se qualcuno dissentirà, fa niente: non c’è (altro) tempo da perdere. La speranza possiede ancora poco spazio. A questo punto, non si può spigolare troppo sul problema. E’ necessario tentare anche questa strada. E poi, quali sarebbero state le alternative? Ben venga Florimbj, a Martina. Uomo da situazioni disperate, si dice (e chissà se il trainer è contento di quel che si dice). Ben venga il carattere, il coraggio e tutto il resto: che questa squadra, probabilmente, non ha. Come Camplone ha sommariamente compreso, in un paio di settimane di lavoro. Dichiarandosi sconfitto e lasciando la panchina dopo la brutta storia del match con l’Ancona. Rinunciando a quanto non aveva rinunciato prima. Esoneratosi (o costretto a farlo? Forse non lo sapremo mai) perché la campagna di rafforzamento non ha rafforzato troppo il progetto. O perché, magari, chi l’ha condotta (con pochi mezzi, in poco tempo) non ha gradito l’appunto. O gli appunti. Quel Camplone che ha captato l’atmosfera, realizzando che il suo turno di lavoro può ritenersi terminato. Sganciandosi proprio quando la squadra si è rimaterializzata: con altri nomi, ma rimaterializzata. Dopo essere rimasto sulla nave che stava per affondare e forse era già affondata e nessuno voleva crederlo. Ecco, per questo – se non altro – Camplone va ricordato con simpatia. E con rispetto. Non ha abbandonato il Martina nel suo momento peggiore. Sperando, è chiaro, in un futuro migliore: ma non l’ha abbandonato, quando tutti fuggivano o erano obbligati a fuggire. Garantendo quello stesso futuro con un gruppo di giovani volenterosi e assoldati quasi per caso. Non ha abbondanato il Martina, Camplone: pur potendolo fare. E senza scandalizzare nessuno. E ci piace pensare (perché ne siamo convinti) che la salvaguardia dello stipendio, quella volta, non c’entrasse. Che l’orgoglio, talvolta, valga ancora qualcosa.