mercoledì 27 febbraio 2008

La beffa di Plasmati

La vendetta può abitare nelle parole, anche in un sola frase. E Marcello Pitino, ex diesse del Martina, rivendicava una vendetta. Una piccola vendetta. Lui è l’ingegnere del vecchio Martina, quello che non c’è più, azzerato dalla rivoluzione di dicembre e di gennaio, dalla rivoluzione di Cassano, il patron. Lui ha dovuto fuggire, scomparire. E bersi il malumore e le imprecazioni della piazza, del suo vecchio club, dei suoi compagni di avventura di un tempo. Ha dovuto interrompere il mandato, pagando errori evidenti e una cattiva gestione. L’altro, invece, è Gianvito Plasmati, che lavora per il Taranto e che, nel derby, infila due volte il Martina. Dedicando un sigillo proprio a Pitino, suo sponsor a Ragusa, a Catania e poi a Foggia. Cioè, un amico vero. Il legame è saldo, la dedica è sincera: ancorchè mirata. Per amicizia, si può. Immaginiamo che Pitino abbia gradito. E che il Martina si sia rinzelato. Normale. E non sappiamo cosa ne pensi Evangelisti, il nuovo consulente di mercato della società di via D’Annunzio: che, di Pitino, ne ha rilevato la scrivania. Che, del Taranto, ha peraltro curato gli interessi, sino a poche settimane prima. Impostandone le ultime campagne acquisti: nelle quali Plasmati, sempre inseguito, non fu mai catturato. Una dedica, sì, può diventare vendetta. E la sconfitta (grave, impietosa, umiliante) può trascinare la beffa.