domenica 9 marzo 2008

Andria, quando il problema non è in panchina

Il ritiro. Gli stipendi congelati. E l’immancabile silenzio stampa. L’Andria si arrocca. Si difende. Come si dice ai giorni nostri, si concentra. Provando le soluzioni estreme: tutte. E cerca di blindarsi dagli spifferi malevoli, dalle malvagità del momento. Protesta, anche: contro l’arbitraggio dell’ultima domenica, giudicato assolutamente contundente (ma ne siamo proprio sicuri? Oppure è utile deviare il discorso, allontanre quanto più possibile lo spirito critico dell’opinione pubblica? La sensazione nostra è che il pareggio del Catanzaro possa considerarsi limpido, per nulla viziato da un fallo sul portiere: ma tant’è). E attende sentieri migliori. Domani, però, è di nuovo campionato: si gioca a Roma, tana della Cisco. Nel frattempo, la squadra non carbura. Cioè, offende poco. Non segna. Il dato principale è questo. Malgrado l’affidabilità dell’impianto tattico gestito da una persona puntigliosa e rigorosa come Peppino Palumbo, un trainer che non rinuncia mai a far circolare la palla. E chiamato a disciplinare le virtù annacquate di un collettivo che zoppica dall’inizio della stagione e che, però, continua a poter contare sulle prestazioni di gente unanimemente considerata, in C2, di qualità. Palumbo, nel frattempo, si è industriato. Come, prima di lui, Osvaldo Iaconi e Franco Dellisanti: cioè, quanto di meglio possa offrire la categoria degli allenatori in quarta serie. E ha capito che il malessere è profondo. Più di quanto sia lecito sospettare. Senza aver trovato una soluzione vera, duratura: esattamente come i suoi predecessori. Che, non a caso, avevano chiesto investimenti suplettivi. Investimenti puntualmente arrivati, a gennaio: e che, forse, non si sono rivelati sufficienti. Anche a fronte di diverse traversie (leggasi infortuni). Malgrado tutto, comunque, le potenzialità dell’Andria restano (o dovrebbero restare) intatte. Ma la classifica non migliora affatto. Giornata dopo giornata. Ed è difficile credere che i problemi si annidino sempre e solo in panchina. Forse, invece, l’organico è stato sopravvalutato: anche dalla critica. E, forse, la società dovrebbe dovuto spendere parole (e, soprattutto, atteggiamenti) più prudenti, nel recente passato. Anche nei confronti di chi ha già abbandonato la panchina. Forse, questa stagione è destinata a scivolare un po’ così. Forse, ancora, la squadra non ha il carattere per affrontare le insidie peggiori. L’espressione di disarmo palesata ultimamente da Palumbo, intanto, è indicativa. Ed è, più o meno, la stessa di Dellisanti. La stessa di Iaconi. Gente, cioè, che non ha potuto ultimare il lavoro. E che paga colpe proprie e, soprattutto, altrui.