sabato 15 marzo 2008

L'ultimo inutile sussulto

La soluzione estrema, talvolta, è la separazione della disperazione. E la separazione può essere una cura tardiva. Il Bitonto e Giacomo Zunico si lasciano qui, quando è già troppo tardi per sperare ancora e per rincorrere il Barletta e l’Aversa, che si giocano il passaporto per i professionisti. Mentre il Bitonto, ormai, è fuori dalla sfida, schiacciato da un solo risultato pieno ottenuto nelle ultime cinque partite. E mentre il suo trainer esprime tutta la propria delusione rinunciando a chiudere il campionato in panchina. Ma il nuovo corso (c’è Antonello Altamura) servirà a poco, supponiamo: difficile credere che in sette settimane le due protagoniste del torneo si affloscino contemporaneamente, favorendo il rilancio delle aspirazioni di Iannini e soci. No, il Bitonto può solo rammaricarsi e rimpiangere il calo tecnico e mentale piovuto nel momento meno opportuno. Quando, in campo, si riaffacciava persino Pignatta, tradito da un lungo infortunio. Al quale, peraltro, la squadra era riuscita a sopravvivere, sbuffando e sgomitando. No, il Bitonto svela i suoi peccati (rintuzzare l’avversario e accontentarsi del pareggio, lasciarsi assorbire da un nervosismo strisciante, che è sinonimo di potenza stordita) prima del rush primaverile. Quando non servirà più il miglior Buttazzoni. Né reggere il passo altrui. No, il Bitonto partito benissimo arriva zoppicando. E arriva senza il suo nocchiero, defilatosi o – come succede in questi casi, ovunque – costretto a defilarsi. La separazione, allora, è l’atto finale, la resa, la conclusione del sogno, il tramonto del progetto, la parentesi che si chiude. L’ultimo inutile sussulto.