domenica 16 marzo 2008

Il messaggio ambiguo della Leonessa

Duecentoquaranta reti. Sono quelle che una squadra di livelli europei può mediamente timbrare in quatto campionati e anche qualcosa in più. O quelli che una qualsiasi formazione di basso profilo, a qualsiasi latitudine, può accusare in tre tornei particolarmente sfortunati. E avanza pure qualcosa. Duecentoquaranta reti (subite) sono anche il prezzo che la Leonessa Altamura sta pagando al campionato di Eccellenza pugliese, inaugurato (e proseguito) senza una società solida, senza forza economica, senza un progetto tecnico, senza una squadra che possiede i requisiti per difendersi, senza prospettive. Allestita per caso, improvvisata: reclutando giovani e meno giovani senza pedigrée e privi di esperienza, ma assistiti da molta passione, sicure doti morali e infinita pazienza. Che è la pazienza di chi, ogni domenica, raccoglie una sconfitta scontata, attesa, sonora: in cui il disavanzo è alto, altissimo. Diciamo pure di sei o sette gol, almeno. Duecentoquaranta reti (subite) in ventinove partite sono il prezzo che la Leonessa Altamura (zero punti totalizzati, cinque sole marcature realizzate) sta pagando per assolvere il compito: che, poi, è quello di conservare il titolo dell’ormai secondo club cittadino. Autorizzato, l’anno prossimo, a ripartire dalla Promnozione. Oppure a cedere l’affiliazione a chiunque la voglia: eventualità, questa, peraltro ventilata (e arenatasi) già agli albori di questa stagione. La storia della Leonessa Altamura, intanto, ha già varcato i confini mediatici regionali, interessando (meglio, incuriosendo) pure la stampa nazionale e persino talk show e trasmissioni di intrattenimento. Anche ieri. Tanto che la società e, soprattutto, gli attori principali (i suoi ragazzi volenterosi) hanno guadagnando attestazioni di simpatia inequivocabili e, supponiamo, sincere. Nel nome del dilettantismo più puro: quello che difficilmente fa notizia e che non vince i campionati. Nel nome di quello spirito un po’ eroico con cui avvicinarsi allo sport: che il tempo e le convenzioni della convenienza hanno cancellato. Va tutto bene, anche così. Onesti innamorati del pallone trovano una vetrina che, altrimenti, non avrebbero ottenuto mai. E poi – dicono - queste sono favole moderne che possono riavvicinare idealmente la gente al calcio. Va un po’ meno bene, però, all’intero movimento calcistico pugliese. Che, probabilmente, da questa storia ne escirà un poco indebolito: nell’immagine, evidentemente. Perché il messaggio che filtra dal tormentato cammino della Leonessa, rilanciato nei talk show, dipingere un football pioneristico e svincolato da certe logiche di rendimento, ma anche avventato, disorganizzato, semplicistico. E inaffidabile.