giovedì 20 marzo 2008

E adesso non ci crede più nessuno

Puntualmente, tutti i buoni propositi del Martina si liquefano a Pescara, dove arriva l’ennesima sconfitta: anche questa pesante nel risultato. E la salvezza (ma qualcuno ci crede ancora per davvero?) si allontana sempre più. La speranza si chiama matematica: teoricamente, l’impresa è ancora possibile. La realtà e la logica (sette punti dalla penultima, a sette giornate dalla fine della regular-season) consigliano, invece, valutazioni diverse. E a nulla serve resistere, come in Abruzzo, per trenta minuti: perché resistere non basta. Perché, per scalare i gradini della classifica, è fondamentale proporsi, imporsi, vincere. E, per vincere, occorre possedere regolarità, mezzi tecnici, agonismo, lucidità, quadratura tattica consolidata e corsa collaudata. Requisiti che il Martina non ha trovato in un mese di lavoro. E che, prevedibilmente, non riuscirà a trovare mai. Senza che il dato susciti scandalo: è questa la logica. La logica di un campionato arruginitosi troppo presto e stritolato dagli accadimenti di novembre, dicembre e gennaio. E’ stato giusto tentare, provare ad illudersi. E’ doveroso continuare a lottare. Ma il Martina (osservando in superficie, senza addentrarsi nei particolari) non ha gli uomini per pungere. Cioè, per procurare danni seri all’avversario. Ed è eccessivamente fragile dietro. Nel calcio non si inventa nulla. Piuttosto, si può creare qualcosa, lavorando: sin dall’estate, confidando in un periodo di rodaggio, appoggiandosi ad un progetto, nutrendosi di organizzazione. Dentro e fuori dal campo. Tutti ingredienti che sono mancati. Sappiamo anche perché. Così come conosciamo i fatti: che ci vietano di sparare liberarmente sulla società, comunque responsabile (ad esempio) di mancata vigilanza ai tempi della gestione tecnica Pitino-Pellegrino. Quella, cioè, apertamente contestata dai principali attori del club di via D’Annunzio, perché responsabile di una situazione finanziaria deterioratasi nel tempo. Quella stessa società che, magari, avrebbe dovuto verificare più attentamente (con un sacrificio, certo) la possibilità di salvaguardare quel patrimonio di doti morali assemblato – ad un certo punto della stagione – da Camplone: patrimonio che, sia chiaro, da solo non avrebbe comunque garantito un altro torneo di C1. Ma queste, ora, sono soltanto parole. E il tempo, intanto, è scaduto. Adesso, alla salvezza, non ci crede più nessuno, realmente. Al di là dei concetti di circostanza.