sabato 26 aprile 2008

Andria, chi deve rifletta

L’Andria è l’incrocio di diversi problemi e di troppi equivoci. Il più evidente: nasce per imporsi, ma si scopre immediatamente fragile. Perchè si trascina nomi importanti, che diventano inadeguati a perseguire un obiettivo che, nel frattempo, è cambiato. Non più la promozione, ma la salvezza. L’insofferenza dirigenziale, poi, genera decisioni drastiche: quattro allenatori per una stagione ancora incompiuta. E troppe anime che guardano la situazione con approcci differenti. Anche quando il sentiero più giusto sembra essere stato individuato, a metà campionato. Intanto, la squadra affonda, risucchiata anche dalla Scafatese. L’ultimo e infamante gradino della classifica, adesso, fa paura. Si concretizza dopo il derby di Noicattaro, perduto senza troppo battagliare. Sì, la squadra ora affidata alle cure di Loconte non rintuzza, assiste. Senza ardore. L’avversario spinge, l’Andria arranca e si accartoccia. Anzi, lo score è persino bugiardo: un solo gol di disavanzo è persino incongruo. E il pensiero ritorna a quella serenità recuperata sotto la gestione Dellisanti. Quando, davanti, c’era un torneo da rivalutare, ancora aperto. Ancora ammiccante. A quel periodo in cui la ricostruzione appariva lenta e laboriosa, ma possibile. A qualcuno, invece, non bastò. Occorreva dichiaratamente riabbonarsi al sogno sopito della promozione, affrettare i tempi. La salvezza sembrava un obiettivo minimo, insignificante. E il tecnico fu costretto ad abbandonare l’incarico, schiacciato da valutazioni errate e dall’altrui supponenza. La strada per riemergere fu riasfaltata. Oggi, invece, il campionato ha asfaltato l’Andria. A cui non basta neppure invocare la mancata solidarietà delle direzioni arbitrali. Dietro un penalty non segnalato o un’espulsione più o meno gratuita c’è anche e soprattutto un retroterra di presunzione. Chi deve, rifletta.