mercoledì 9 aprile 2008

Martina, cinque domande sul futuro

La matematica certifica quello che sapevamo già. Il Martina è in C2. Ed un ciclo sufficientemente felice si è estinto. Ingloriosamente. E dolorosamente. Ma il calcio è anche questo. E va perdonato. Come va perdonata una squadra realizzata in fretta, due mesi prima della retrocessione formale, un mese prima dell’interruzione di ogni speranza concreta, un mese dopo l’apertura di credito verso la versione precedente (quella assemblata da Camplone e già sgravata di diverso materiale umano, che però aveva cominciato a carburare, ottenendo il successo in casa della Sangiovannese, antica concorrente diretta all’ultimo posto). Una squadra delegittimta dalla situazione contingente e dall’estrema pericolosità del progetto di restaurazione: ancor prima di partire. Così come va perdonato Carlo Florimbj, il suo nocchiero coraggioso che ha provato (riuscendoci in parte, va detto) a restituire un briciolo di dignità alla sua truppa e al blasone di una società adirata (anche legittimamente) dagli umori della piazza, ma anche dichiaratamente confusa nel momento più delicato della stagione. Ma ritornare ad analizzare il passato recente non serve, o serve poco. Meglio, piuttosto, al di là di quanto potrà accadere al Lanciano, su cui pende la minaccia di una retrocessione d’ufficio, cercare di individuare il futuro. Condizionato, soprattutto, dalla conferma ufficiale del disimpegno di Cassano, il maggior finanziatore del club. Le domande che transitano, al momento, sono essenzialmente cinque: cioè, troverà il patron compratori dal provato interesse (ma non siamo particolarmente ottimisti) per il calcio in Valle d’Itria? Altrimenti, iscriverà ugualmente la squadra (mantenendone il titolo sportivo) al prossimo torneo di quarta serie? Oppure investirà di tutte le problematiche il sindaco di Martina? E, se dovesse convincersi della necessità di mantenere il titolo sportivo, si sorreggerà a un progetto di autentica emergenza oppure a una programmazione giovane (ma solida e convinta, cioè pianificata e sponsorizzata da operatori fidati o meritevoli della massima fiducia)? Oppure, più semplicemente, la retrocessione è solo l’alba di un tramonto irreversibile?